In una recentissima pronuncia, la Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ. 8531/2020) ha espresso alcuni interessanti principi in merito al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.
In particolare, i Giudici hanno confermato un orientamento precedente con il quale la Corte aveva stabilito che nella liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale – diversamente da quanto statuito per il pregiudizio arrecato all’integrità psico-fisica – le tabelle predisposte dal Tribunale di Milano non costituiscono concretizzazione paritaria dell’equità su tutto il territorio nazionale (in tali precisi termini, Cass. 14/11/2019, n. 29495, la quale precisa poi che solo quando il giudice scelga di applicare i predetti parametri tabellari, la personalizzazione del risarcimento non può discostarsi dalla misura minima ivi prevista senza dar conto nella motivazione di una specifica situazione, diversa da quelle già considerate come fattori determinanti la divergenza tra il minimo e il massimo, che giustifichi la decurtazione).
A fronte di questo orientamento, risulta più che mai evidente che, al fine di ottenere un congruo risarcimento del danno, non si potranno semplicemente considerare le “famose” Tabelle di Milano come fondamento unico della richiesta, ma andrà valutato il singolo caso concreto, cercando di sottoporre all’attenzione del Giudice tutte le particolarità della fattispecie meritevoli di attenzione e idonee a contribuire alla quantificazione del danno, verificando inoltre la Giurisprudenza di merito del Tribunale in cui dovrà essere discussa la causa, al fine di ricavare i principi di massima applicati da quella specifica corte in materia.